In un’epoca in cui una donna poteva far parlare di sé solo per la sua bellezza o per il suo ruolo in quanto moglie, amante o figlia di un uomo, la storia di Mademoiselle Elizabeth-Sophie Chéron (1648 – 1711) è del tutto sorprendente.
Un’infanzia difficile
La vita di questa pittrice, poetessa e musicista è documentata da diverse fonti (vedi la bibliografia più giù). Elizabeth -Sophie Chéron nacque il 3 ottobre 1648 a Parigi, figlia d’un pittore protestante, Henri Chéron, e di una madre cattolica, Marie Lefebvre.
Elizabeth superò prestissimo suo padre pittore in fatto di talento, e quando quest’ultimo abbandonò la propria famiglia nel 1664, Elizabeth riuscì a mantenere sua madre e i suoi fratelli lavorando come pittrice. Contrariamente a suo fratello rimasto protestante, il pittore Louis Chéron (1660 – 1725), il quale dovette emigrare in Inghilterra in seguito alla revocazione dell’editto di Nantes, Elizabeth si convertì alla fede cattolica nella chiesa di Saint-Sulpice il 25 marzo 1668, insieme alla sua sorellina Marie.
Alla conquista della capitale
La conversione al cattolicesimo aprì « tantissime porte » alla giovane donna. Elizabeth riuscì ad inserirsi nei circoli artistici più importanti della capitale, e a fare conoscenza con Charles Le Brun (1619- 1690), il « primo pittore » del Re.
E’ lui che, nel 1672, presentò Elizabeth all’Accademia Reale di Pittura e Scultura. Alla giovane età di soli ventiquattro anni, Elizabeth-Sophie Chéron ne diventò membro nella categoria di pittore di ritratti – un privilegio estremamente raro per una donna. Infatti, contrariamente alle sue colleghe, fra le quali Catherine Girardon (1630 – 1698), prima donna in assoluto a essere stata ammessa, Anne-Marie Stresor (1651 – 1713), o Catherine Perrot (circa 1620 – ?), Elizabeth è la sola ad essere ammessa come pittrice di figure umane : le altre sono nella categoria dei « pittori di fiori e frutta », la categoria più bassa nella gerarchia dell’Accademia. Elizabeth è quindi un caso più che raro, se si considera che, nel giro di un secolo, le donne ammesse furono soltanto quattordici, e che un decreto del 25 settembre 1706 proibì completamente l’ammissione delle donne all’Accademia (anche se non fu pienamente rispettato in seguito).
Una produzione pittorica dispersa e poco conosciuta
Elizabeth deve la sua gloria alla sua produzione pittorica, purtroppo oggi dimenticata (per fortuna sono in corso diversi studi sull’argomento). I quadri di Mademoiselle Chéron sembrano essersi volatilizzati, ad eccezione dell’Autoritratto del Louvre, del Ritratto di Antoinette Deshoulières, del Museo Condé di Chantilly, e la Maria Maddalena con un vaso di profumo del Museo di Belle-Arti di Rennes. Le fonti invece citano molte opere perdute di Chéron, fra le quali dei ritratti, delle raccolte di stampe, e diversi quadri religiosi, come La Sepoltura di Cristo, ispirato a una scultura dell’artista italiano Gaetano Zumbo (1656 – 1701). Quest’ultima opera fu persino esposta al prestigioso Salon dell’Accademia nel 1704.
Elizabeth e il dibattitto artistico parigino
Ma i talenti di Elizabeth non si limitavano ai pennelli. Ottenne infatti molti riconoscimenti internazionali per il secondo dei suoi talenti, la poesia. Elizabeth fu infatti ammessa fra i membri della prestigiosa Accademia dei Ricoverati di Padova nel 1699 con lo pseudonimo di « Musa Erato » ; negli stessi anni diventò una figura importante della scena artistica parigina. In particolar modo intervenne nella polemica sulla decorazione della cupola della chiesa del Val-de-Grâce di Parigi, ad opera di Pierre Mignard, con un celebre poema pubblicato anonimamente e che oggi gli studiosi le attribuiscono, la Coupe du Val-de-Grâce. Chéron scrisse il suo poema in risposta al poema di Molière, La Gloire du Val-de-Grâce, nel quale il famoso drammaturgo difese Pierre Mignard elogiando i suoi affreschi. Nel poema la Coupe du Val-de-Grâce, Elizabeth Chéron fa una parodia delle lodi di Molière trasformandola in prese in giro ; Elizabeth agì per conto di Charles Le Brun, (che, come abbiamo visto, era il suo protettore), rivale acerrimo di Pierre Mignard. Il poema d’Elizabeth conobbe un grande successo nei salotti parigini, e in particolar modo nel salotto di Jean-Baptiste Colbert, primo ministro e consigliere del Re Sole. Si ipotizza che la commedia di Molière Il Borghese Gentiluomo (1670) potrebbe essere una risposta agli applausi di Colbert al poema La Coupe du Val-de-Grâce.
Da Mademoiselle a Madame
Elizabeth-Sophie Chéron si fece conoscere per tutta la vita con il titolo di « mademoiselle », signorina, e giustamente, perché rimase sola fino all’età di quarantaquattro anni, età venerabile all’epoca. Nel 1692, Elizabeth decise di accettare la proposta di matrimonio di un ingegnere del Re, Monsieur Le Hay, a condizione che quest’ultimo non avesse avuto pretese sul suo corpo. I biografi raccontano che durante la cerimonia Elizabeth disse : « Eccoci sposati ora, Signore, finalmente. La stima, cosa diversa dall’amore, non ha bisogno di andare oltre ». Una dichiarazione straordinaria da parte di una donna altrettanto straordinaria.
Bibliographie
DEMORIS, René (sulla direzione di), Hommage à Elizabeth Sophie Chéron ; Texte & peinture à l’âge classique, coll. Prospect (n°1), presses de la Sorbonne Nouvelle, Parigi, 1992.
FERMELHUIS, Jean-Baptiste, Eloge Funèbre de Madame Le Hay, connue sous le nom de Mademoiselle Chéron, de l’Académie Royale de Peinture et Sculpture, par Monsieur Ferme-l’Huis, Docteur en Médecine de l’Université de Paris, & Conseiller honoraire de l’Académie de Peinture & Sculpture, stampato a Parigi da François Fournier, libraio, rue Saint Jacques, 1712.
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